Palazzo del Quirinale, 25/09/2018

Rivolgo un saluto molto cordiale al Presidente del Senato, al Presidente della Camera, a tutti i presenti, al Ministro della Giustizia, e rivolgo un benvenuto ai nuovi componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, presenti alla cerimonia di commiato dei Consiglieri uscenti, ai quali, in particolare, è dedicato questo incontro.

Desidero, anzitutto, ringraziare il Vice Presidente, Giovanni Legnini, per aver condiviso con me la responsabilità della guida del Consiglio superiore, al fine di svolgere, al meglio possibile, il ruolo assegnatoci dalla Carta Costituzionale. Ringrazio tutti i componenti il Consiglio per l’impegno spiegato e per il grande lavoro svolto.

Il Vice Presidente, nel suo intervento, ha illustrato compiutamente l’intera attività svolta nel corso della consiliatura appena conclusasi, grazie al contributo, ripeto, costruttivo di tutti i suoi componenti.

Guardando all’operato del quadriennio, si individuano due direttrici fondamentali che hanno segnato l’azione del Consiglio Superiore, vale a dire la capacità di “autoriforma”, interna ed esterna, e l’apertura al confronto e al dialogo sia con i soggetti, che, a diverso titolo, collaborano con la Magistratura per l’assolvimento del suo compito sia con la società civile, attenta – come sempre – alle decisioni giudiziarie.

Il nuovo Regolamento Interno – così come il nuovo Regolamento del Personale – dimostra come sia possibile un incisivo intervento di carattere riformatore, anche in un quadro normativo primario invariato.

In questa prospettiva, vanno lette le importanti risoluzioni che il Consiglio ha adottato in tema di organizzazione degli uffici giudiziari e di diffusione delle buone prassi. Questo importante obiettivo è stato perseguito al fine di diffondere prassi applicative, positivamente riscontrate su tutto il territorio nazionale, che, sia nel settore civile sia in quello penale, possono rendere più efficace l’azione giudiziaria, potenziando gli strumenti organizzativi disponibili.

Nel corso della consiliatura trascorsa sono stati affrontati temi complessi, sui quali il Consiglio ha saputo esprimersi rispettando sempre il ruolo assegnatogli dalla Costituzione. Con la Circolare sull’organizzazione degli Uffici di Procura, si sono definite indicazioni che, nell’osservanza del quadro normativo primario, mirano a evitare conflitti all’interno degli uffici, assicurando il rispetto del ruolo e delle responsabilità sia del Procuratore della Repubblica sia dei singoli sostituti.

Ho avuto modo di apprezzare anche le linee-guida adottate per una corretta comunicazione sociale, le quali rappresentano segno evidente dell’importanza attribuita alla trasparenza e alla comprensibilità delle decisioni giudiziarie, qualità che rafforzano l’indipendenza della magistratura e, più in generale, l’autorevolezza delle istituzioni. L’attenzione e la sensibilità agli effetti della comunicazione non significa – come tante volte è stato ricordato in tante sedi- orientare le decisioni giudiziarie secondo le pressioni mediatiche né, tanto meno, pensare di dover difendere pubblicamente le decisioni assunte. La magistratura, infatti, non deve rispondere alle opinioni correnti perché è soggetta soltanto alla legge. Sono invece doverose la credibilità e la trasparenza del suo agire, che possono essere rafforzate anche da un’adeguata comunicazione istituzionale. È, pertanto, auspicabile che si prosegua nella direzione intrapresa, che appare, inoltre, idonea a tutelare anche i singoli magistrati da sovraesposizioni cariche di pericoli e che non si rivelano utili.

Il Consiglio uscente, nel corso del quadriennio, si è spesso confrontato proficuamente con il Consiglio Nazionale forense. Si è trattato di un segno eloquente dell’esigenza di raccogliere il contributo sinergico di tutti gli operatori, pur nella diversità dei ruoli, per migliorare la qualità dei servizi di giustizia.

E’ opportuno, anche, ricordare le iniziative assunte dal Consiglio in tema di protezione internazionale.

Il Consiglio Superiore ha profuso su questo tema un grande impegno per assicurare una magistratura adeguatamente formata e specializzata, coordinata nella sua azione giudiziaria attraverso informazioni tempestivamente assicurate dal Ministero dell’Interno, con il quale ha avviato una proficua collaborazione.

Non posso in questa sede e in questo momento ricordare tutte le significative risoluzioni adottate dal CSM ma posso individuare ciò che le caratterizza e le lega insieme: la volontà di dare alla Magistratura italiana strumenti “moderni”, funzionali all’esercizio efficace della giurisdizione.

Perché l’obiettivo possa essere raggiunto, diventa centrale uno dei compiti assegnati al C.S.M. dalla Costituzione: la scelta dei dirigenti degli uffici giudiziari. Essa deve avvenire avendo come riferimento fondamentale l’attitudine direttiva. Non è possibile compiere valutazioni sganciate dalla reale verifica dei meriti professionali, perché ciò comporterebbe un rischio per la credibilità, l’autorevolezza, il buon andamento dell’ordine giudiziario.

Il sistema funziona bene soltanto se i dirigenti sono selezionati effettivamente secondo criteri oggettivi e verificabili. Il terzo comma dell’art. 107 della Costituzione, disponendo che i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni, afferma il principio di “indipendenza interna istituzionale”. Proprio questa pari dignità postula che vengano riconosciute e valorizzate le qualità umane e professionali necessarie per lo svolgimento di delicati ruoli di servizio, come vanno correttamente intesi gli incarichi direttivi e semidirettivi.

Proprio il buon esercizio del governo autonomo deve consentire di fare emergere le capacità organizzative indispensabili per individuare il miglior dirigente dell’ufficio da assegnare.

Sono le garanzie poste a presidio della Magistratura a consentire al suo organo di governo autonomo di compiere scelte libere da ogni forma di condizionamento in tutte le decisioni di sua competenza.

Tra esse, devono essere connotate da particolare attenzione e cura le scelte dei magistrati di legittimità, per la delicata funzione nomofilattica svolta dalla Corte di cassazione, che assume oggi, ancor più intensamente che in passato, piena centralità in ragione del dialogo con le Corti europee.

Al C.S.M. la Costituzione ha, opportunamente, attribuita la cruciale funzione disciplinare. La centralità di questa funzione è desumibile dalla stessa composizione della Sezione, la cui presidenza è affidata dalla legge 195 al Vice Presidente; è, questo, uno dei compiti più importanti e impegnativi che la legge gli attribuisce. L’aver mantenuto la “giurisdizione disciplinare” all’interno dell’organo di governo autonomo è scelta che la Costituzione ha compiuto opportunamente sempre a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della Magistratura. Appunto per questo la celerità nelle decisioni e il rigore nella valutazione dei fatti devono caratterizzare l’attività   della Sezione disciplinare, il cui corretto funzionamento non è desumibile soltanto dai dati statistici.

L’augurio che rivolgo ai componenti appena eletti del C.S.M. è di continuare nel percorso di rinnovamento già avviato, con il medesimo clima di rispetto reciproco e di confronto aperto, che in questi anni ha contraddistinto i lavori del Consiglio.

Presiedere il Consiglio Superiore è uno dei compiti al quale, come Capo dello Stato, presto maggiore attenzione, perché, attraverso di esso, si realizza la sintesi, individuata dai Costituenti, per rendere la Magistratura un ordine autonomo e, al contempo, elemento fondamentale dell’assetto democratico della Repubblica.

Il CSM è lo strumento, previsto dall’Assemblea Costituente, per dare concretezza al principio di indipendenza della giurisdizione, principio che costituisce un cardine della nostra democrazia.

Appunto per questo, il ruolo che si assume quali componenti del Consiglio non rappresenta un privilegio ma una funzione di garanzia e, al contempo, di grande responsabilità per le sorti dell’equilibrio fra i poteri costituzionali.

Componenti togati e componenti non togati si distinguono soltanto per la loro “provenienza” perché condividono le medesime responsabilità nella gestione della complessa attività loro affidata.

I componenti “laici”, secondo quanto prevede lo stesso art. 104 della Costituzione, sono eletti non perché rappresentanti di singoli gruppi politici (di maggioranza o di opposizione) bensì perché, dotati di specifiche particolari professionalità, il Parlamento ha affidato loro il compito di conferire al collegio un contributo che ne integri la sensibilità.

Al contempo, i togati non possono e non devono assumere le decisioni secondo logiche di pura appartenenza. Ciò che deve guidare i componenti – tutti del C.S.M. – è il senso del servizio all’istituzione così come la prospettiva del servizio al Paese.

Dal Consiglio Superiore della Magistratura la Repubblica si attende che questo sia l’unico criterio di comportamento.

Sono certo che il nuovo Consiglio opererà – unitariamente – nel quadro dei corretti e costruttivi rapporti istituzionali.

Questa è la prospettiva nella quale io stesso, per primo, mi adopererò, nel solo e comune interesse della Repubblica.