Una commemorazione. Giulia Pasquazi Berliri, in occasione del Centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, ha organizzato, al Teatro Quirino – Vittorio Gassman, un evento per commemorare quanti, e sono stati tanti, hanno perso la vita nel corso della Grande Guerra. L’evento, diviso in due parti, ha visto, nella prima parte andare in scena uno spaccato della vita di Trincea con i “Rievocatori 6° Reggimento Battaglione Bassano, 63° cp.” Ed il loro Lavoro teatrale “1915-1918 Spero cheio torni”. Si potrebbe, di primo acchito, pensare che, con una certa retorica, sia stata rappresentata una parodia di quei giorni, mesi ed anni. In realtà, i componenti dell’Associazione “Uniti nella Memoria”, hanno fatto un lavoro di ricerca, di documentazione, di preparazione meticolosa, prima di arrivare alla realizzazione del loro progetto. Abbiamo così potuto assistere, rivivere ed ascoltare storie di vita vissuta, non di eroismi, che indubbiamente ci sono stati, ed in numero anche molto elevato, ma di gente comune, persone strappate dalla loro quotidianità ed inviate a combattere una Guerra di cui non ne conoscevano le ragioni, se non addirittura ne condividevano le motivazioni. Povera gente proveniente da tutte le Regioni d’Italia; persone con usi e costumi anche molto diversi, e che, soprattutto, avevano anche difficoltà a comunicare fra di loro. Va ricordato infatti che, se “una cosa di buono” ha fatto la Guerra, è stato, in qualche modo, quello di diffondere l’uso della Lingua Italiana. Devo ammettere che, chi come me, ha avuto la fortuna di nascere in tempi, e luoghi, lontani da quella tragedia, ne ha conosciuto le immani proporzioni dai libri di scuola, forse i più “fortunati” ne avranno sentito parlare dai nonni ed i ricordi, col tempo, si affievoliscono, si appannano, vengono avvolti dalla nebbia dell’oblio. Ricordare, fare Memoria Storica, mai come in questa occasione, diventa un obbligo morale verso quei nostri compatrioti e concittadini, che, nonostante tutto, hanno compiuto il sacrificio più estremo perché noi, negli anni a venire, non dovessimo più patire quelle pene infernali o commettere gli stessi incommensurabili errori. Il 24 Maggio di cento anni fa, giovani di belle speranze oltrepassarono quello che oggi è il Fiume sacro alla Patria, il Piave; si arrampicarono sino alla cime delle montagne, ed in condizioni più che precarie, da lì combatterono contro il nemico. Quelle trincee, quelle buche, quelle fosse, quelle tombe, perché questo erano, sono divenute la loro casa, il loro quotidiano. Fossi da dove saltar fuori e correre, correre più forte cercando di raggiungere altre buche, altre fosse, altre tombe, altre trincee popolate da giovani della stessa età, ma con un’uniforme di colore diverso. Nella loro rappresentazione, l’Associazione “Uniti nella Memoria” ha fatto proprio questo, ci ha mostrato, anche con una certa crudezza, e senza anestesia, proprio un frammento di quello che era la quotidianità di quei ragazzi. Gli occhi di quei Soldati, le loro parole, nelle lettere spedite dal fronte ai famigliari; parole semplici, di un Italiano approssimativo, sgrammaticato, ma dal potente, anche a distanza di un secolo, impatto emotive. Gli occhi di più di uno spettatore hanno tradito emozioni difficili da mascherare mentre quelle lettere venivano lette. Due ore dove il tempo sembrava cristallizzato, dove le voci degli interpreti fendevano l’aria, e lo spazio, come la lama affilatissima di una baionetta.

 

Michela Cossidente

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