Nel 1908 si verificò la maggiore catastrofe naturale in Italia del ventesimo secolo. Era il 28 dicembre quando la Sicilia e la Calabria furono colpite da un terremoto di magnitudo superiore a 7 che ebbe effetti disastrosi, aggravato dal maremoto che lo seguì.

La ferrovia vicino Pellaro (RC) danneggiata dal maremoto.

Il sisma ebbe epicentro in mare e generò il maremoto più rovinoso di cui si ha memoria in Italia con effetti devastanti sulle coste della Sicilia Orientale e il Sud della Calabria. Il terremoto si originò alle 05:21 di mattina, cogliendo la maggior parte degli abitanti nel pieno del sonno.
Le prime onde di maremoto si abbatterono sulle coste che affacciano sullo Stretto di Messina e Reggio Calabria e raggiunsero la Sicilia Orientale dopo circa 5-10 minuti dalla scossa principale, aggravando ulteriormente la devastazione causata dal sisma.
I titoli delle testate locali e nazionali, esplicativi e compendiosi, illustrarono la tragedia in tutta la sua vastità. Il “Giornale di Sicilia” del 29 dicembre 1908 scrisse: Messina distrutta da un violento terremoto, un terribile maremoto allaga la città sommergendola.


“La Stampa” intitolò l’edizione del 29 dicembre 1908 : Il terremoto e il maremoto distruggono città e villaggi nella Calabria e sulle coste della Sicilia.

Riccardo Vadalà, allora direttore della Gazzetta di Messina, descrisse accuratamente la sua esperienza

Nelle acque del porto galleggiava di tutto: cadaveri, carretti, mobili, carcasse d’animali, travi, botti, bastimenti affondati… tale era l’intensità della scossa e la violenza con cui le pareti venivano smosse e il sottosuolo si agitava, che non solo le pareti si piegavano come fogli di carta, ma io stesso, che quel mattino mi trovavo in redazione, mi sentii sbalzare due o tre volte all’altezza di un metro dal pavimento. Uscito da sotto le macerie, tenendomi lungo il muro tentai di camminare per le strade. Il rumore delle case crollanti mi assordava… non vi era che un lungo, lugubre, immenso strillo da tutti i punti della città: Aiuto, Aiuto!

Pellaro (RC): una barca trascinata dal maremoto all’interno della chiesa della Madonnella, crollata a causa del terremoto. Poco a sud di questo paese lo tsunami raggiunse l’altezza massima rilevata di circa 13 metri.

Si stima che le vittime per il maremoto furono diverse centinaia, forse 2.000 o più, che si sommarono alle circa 80.000 causate dalla scossa di terremoto. In molte località fu osservato un iniziale ritiro del mare della durata di alcuni minuti a cui fecero seguito tre grandi onde. Non ovunque l’onda più grande fu la prima, infatti in alcuni punti della costa fu la seconda. Le oscillazioni del livello del mare perdurarono molte ore, diminuendo gradualmente. Il maremoto raggiunse la sua massima intensità sulla costa calabrese vicino a Lazzaro (RC), Gallico (RC) e Pellaro (RC), dove fu misurato un run-up* di 13 metri. Sulle costa siciliana i massimi effetti furono osservati a Giardini Naxos (ME) e S. Alessio Siculo (ME) dove fu misurato un run-up massimo di 12 metri.
Le onde di maremoto si propagarono a grandi distanze, e gli effetti furono osservati sulle coste meridionali della Sicilia almeno fino a Porto Empedocle (AG), dove il livello del mare crebbe di 50 centimetri e i marinai ebbero difficoltà ad attraccare con le loro imbarcazioni nel porto.

Figura tratta dal libro: AA.VV. (2020), Terremoti e Maremoti. Come conoscerli e ridurre i rischi. Terza edizione, Novembre 2020, 48 pagine. ISBN 9791280282002. I dati provengono dal database ITED (2020).

Sulle coste ioniche della Calabria il maremoto fu osservato fino a Cirò Marina (KR) dove si osservò inizialmente un ritiro del mare a cui fecero seguito violente onde: fu misurato un run-up di 6 metri.  Circa un’ora dopo il terremoto, il maremoto raggiunse le isole maltesi causando l’inondazione di strade e negozi. A Birzebugga, nell’isola di Malta, circa 1 ora dopo la scossa il livello del mare si abbassò per circa 1,20 metri per poi innalzarsi di 1,50 metri sopra il livello medio, allagando il pianterreno di case e negozi situati vicino al mare; molte barche da pesca furono trasportate sulla spiaggia dalle onde.

Anomalie del livello del mare registrate a Malta in occasione del maremoto del 1908. La scala temporale in ascisse è invertita (il tempo più remoto è a destra).

Il maremoto si propagò verso nord, nel Mar Tirreno, oltre lo Stretto di Messina: nell’isola di Stromboli le onde invasero la spiaggia per circa 10 metri ma non provocarono danni, mentre a Scalea (CS), lungo la costa tirrenica calabrese, il livello del mare si alzò e l’acqua penetrò per circa 20 metri. Anche i mareografi dei porti di Napoli e Civitavecchia registrarono il maremoto.

Lo tsunami del 1908 registrato a Palermo, Napoli e Civitavecchia.

La causa del maremoto che ha seguito il terremoto è stata ed è tuttora oggetto di un dibattito in cui si sono fronteggiati due modelli contrapposti: il primo ipotizza che la sorgente del maremoto sia una frana sottomarina di vaste proporzioni attivata durante il terremoto; il secondo prevede che una sorgente sismica tradizionale sia ancora il miglior modo per spiegare le notevoli altezze raggiunte dall’onda di maremoto sulle coste dello Stretto di Messina. Nonostante l’evoluzione modellistica e la disponibilità di meccanismi della sorgente sismica ben dettagliati e vincolati, la precisa determinazione delle cause di questo maremoto è tuttora un problema aperto (da Piatanesi et al., 2008). Recenti studi sono orientati a spiegare lo tsunami con una sorgente mista, in cui al contributo importante della deformazione cosismica si aggiunge quello più limitato dovuto al movimento di corpi franosi relativamente piccoli (Schambach et al. (2020) e lavori in esso citati).

Come accaduto per altri recenti tsunami, come quello del 2018 nel Sulawesi, in Indonesia, o per quello di Samos in Grecia dell’ottobre 2020, anche per l’evento del 1908 i tempi di arrivo delle prime onde sulle coste più prossime all’epicentro del terremoto sono stati di pochissimi minuti.

Tempi di propagazione stimati per il modello di faglia del terremoto del 1908 rappresentato in figura (rettangolo nello Stretto di Messina). In rosso i tempi più brevi. Va notato che questi tempi si riferiscono all’arrivo della prima “onda” (positiva o negativa), mentre lo tsunami è composto da più onde che si susseguono con un periodo di 10-20 minuti. Spesso la prima onda non è la più alta.

Questo implica che in alcune zone potrebbe non esserci il tempo per l’allertamento da parte del SiAM. In questi casi è fondamentale che le persone esposte al rischio riconoscano i fenomeni precursori e sappiano quali azioni intraprendere anticipando gli avvisi ufficiali emessi dagli organi preposti. Tali fenomeni comprendono il ritiro del mare, il forte e prolungato scuotimento dovuto al terremoto, un rombo proveniente dal mare (per una descrizione si veda qui).

È importante anche sapere cosa NON fare in caso si osservi uno dei fenomeni precursori. In questo video abbiamo raccolto alcuni comportamenti sbagliati che sono frequentemente seguiti da molte persone ignare del rischio, come accaduto anche nel recente tsunami di Samos del 30 ottobre 2020. La consapevolezza del rischio può fare la differenza tra la vita e la morte.

* Run-up: Altezza topografica massima raggiunta dall’acqua durante un maremoto, rispetto al livello del mare.

A cura di Lorenzo Cagliari, Laura Graziani e Alessandro Amato (Centro Allerta Tsunami INGV).

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Source: INGV

Photo credits: INGV e DPC