L’XI Edizione di Ballo!, progetto originale del M° Ambrogio Sparagna, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, ha richiamato il pubblico delle grandi occasioni che hanno, pur nella più severa osservanza delle regole, e del rispetto, del distanziamento sociale, gremito i generosi spazi della Cavea.

Lo spettacolo di quest’anno ha un significato molto particolare: dopo il lockdown forzato dovuto all’infezione da Covid-19 che ha colpito il Bel Paese, esso ha il sapore di una rinascita. Ripartenza che, nonostante tutte le difficoltà del momento, non può far altro che affondare le sue radici, posare le sue fondamenta nel solco della tradizione popolare.

Tradizioni che ci accomunano, ci uniscono e ci definiscono, ed è proprio questo senso di comunanza profonda che Ambrogio ha portato in scena.

Lo spettacolo dello scorso 7 Agosto, imperniato sulle musiche dell’Orchestra Popolare Italiana (OPI), interpretate “graficamente” dai Danzatori Popolari che, plasticamente danzando, hanno dato corpo alle sinuose coreografie originali ideate dalla vulcanica Francesca Trenta, è riuscito a riaccendere il “fuoco” ed il desiderio di comunità che per troppo tempo, purtroppo, era assopito sotto le ceneri della paura del contagio.

La voce, possente e penetrante, di Raffaello Simeoni, con l’interpretazione de “Quanno so morto” e “Libera nos a malo” ci ha “sferzato” con una sorta di “scossa” per aiutarci a ridestarci dal torpore che ci ha avvolto per così tanto tempo. A fare da contraltare a Raffaello la voce della soprano Elena Masullo che, con la sua interpretazione de “Sta vecchia canaruta (golosa)”, una “Villanella” dal sapore delicatamente rinascimentale di Giacomo Gorzanis, detto il Gorzanis, (Il primo libro di napolitane del 1570) ed appartenente alla tradizione partenopea, ha saputo donare una carezza per l’anima degli spettatori.

Anna Rita Colaianni, storica Direttrice del Coro Popolare, in funzione delle prescrizioni dei vari DPCM, è riuscita, nonostante le limitazioni, a far partecipare, seppur in forma forzatamente ridotta, alcuni componenti del Coro; per l’occasione li ha sistemati, opportunamente distanziati, ai lati del palco, nei posti tradizionalmente occupati dal pubblico. Anna Rita ha saputo volgere al meglio, una costrizione cogliendo l’opportunità e trasformandola in un doppio vantaggio: oltre all’effetto scenico che ricordava molto da vicino un abbraccio virtuale, anche una sorta di mescolanza partecipativa essendo i componenti del Coro, allo stesso tempo, sia interpreti che spettatori. Ella ci ha, inoltre, regalato, con la sua voce soave, due brani eleganti che hanno saputo ammagliare e coinvolgere il pubblico.

Davide Rondoni, raffinato Poeta, scrittore e drammaturgo, una volta guadagnato il palco, ci ha letto una poesia dal sapore profondamente evocativo: “Noi siamo quelli della danza”; la sua poesia ci fa riflettere sull’importanza de “la salute non può essere il valore massimo della vita …. l’uomo cerca la bellezza, la verità, la giustizia. La salute serve per quello, non può essere la salute l’obiettivo e la danza è uno dei segni con cui l’uomo mette il suo corpo al servizio della bellezza, poi magari a questa bellezza non sa dare un nome più preciso, però danza perché cerca questo”.

Ambrogio Sparagna con questo concerto si è fatto interprete del “desiderio di ritornare a vivere, vivere nella dimensione reale, quella della musica popolare”. Per sottolineare quanto sia intrinsecamente avvertita la necessità di ritornare ad essere comunità, Ambrogio ha invitato con sé sul palco “Baffone”, lo scudiero, ed “Orlando”, il cavaliere senza cavallo che, nell’immaginario popolare, governano le danze. Un rimando, per nulla velato, alla tradizione, ed alla rappresentazione dei Paladini e dei Pupi. Personaggi antropomorfi giganti, alti approssimativamente 3 metri, quelli realizzati artigianalmente da Antonio Guglielmo a simboleggiare la continuità della storia in una dimensione di contemporaneità. In conclusione, il M° Ambrogio Sparagna, con il suo Concerto, ha saputo donarci un momento di genuina, ed autentica, condivisione; quasi due intense ore di musica autentica, di ritmo, di balli, di gioia, di speranza.

Con la sua musica, mai di “plastica”, Ambrogio, ci ha “dissetato”, a mo’ di un’oasi, ha ristorato lo spirito, provato nel profondo di noi tutti, dalla forzata lontananza degli uni con gli altri, è riuscito ad avvicinarci, ad unirci, per condividere, ancora una volta, la gioia della voglia di vivere le tradizioni più autentiche.

Michela Cossidente

© 2020 HTO.tv – Riproduzione Vietata