Il Dipartimento delle Finanze diffonde le statistiche sulle dichiarazioni IRES (Imposta sul Reddito delle Società) e IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) relative all’anno d’imposta 2018 e presentate nel corso degli anni 2019 e 2020. Occorre considerare che i dati fiscali tengono conto anche delle società di capitali il cui anno d’imposta non coincide con l’anno solare e, conseguentemente, la conclusione del periodo d’imposta 2018 si verifica nel corso del 2019. I dati pubblicati non risentono pertanto della crisi generata dal Covid-19. Questa pubblicazione, comprendendo anche le statistiche sulle dichiarazioni Ires presentate dai soggetti che utilizzano il modello Redditi – Enti non commerciali, completa i dati statistici relativi alle dichiarazioni fiscali per l’anno d’imposta 2018.

IRES
Il contesto macroeconomico nel 2018 è stato caratterizzato da una moderata crescita del Pil[1] (+2% in termini nominali e +0,9% in termini reali). Nell’anno d’imposta 2018 le dichiarazioni delle società di capitali sono state 1.229.010, in crescita rispetto all’anno precedente (+2,6%). L’89,7% delle società di capitali è una società a responsabilità limitata. Il 64% dei soggetti ha dichiarato un reddito d’impresa rilevante ai fini fiscali, mentre il 29% ha dichiarato una perdita e il 7% ha chiuso l’esercizio in pareggio. Il reddito fiscale dichiarato, pari a 174,5 miliardi di euro, mostra un leggero incremento (0,7%). Tra i settori in cui si riscontra un incremento del reddito vi sono: “attività dei servizi di alloggio e ristorazione” (+9,4%), “commercio all’ingrosso e dettaglio” (+8,8%) e “costruzioni” (+8,1%). L’ammontare della perdita fiscale, pari a 53,8 miliardi di euro, subisce un decremento del 15,7%. La riduzione della perdita è concentrata nel settore finanziario (-54%), in continuità rispetto all’anno precedente.

Nel 2018 le società di capitali hanno dichiarato un imponibile[2] di 140,6 miliardi di euro (-1,8% rispetto al 2017). Se si analizza distintamente l’imponibile dichiarato nel modello Redditi e quello dichiarato nel modello Consolidato, emerge che le società che liquidano in regime ordinario hanno avuto un incremento[3] del 3,2% rispetto all’anno precedente, prevalentemente concentrato nel settore del “commercio all’ingrosso e al dettaglio” (+10,7%). Per quanto riguarda l’imponibile del consolidato si assiste ad un incremento di circa il 2,4% rispetto al 2017, passando da 46,8 a 47,9 miliardi di euro. L’incremento del reddito ha interessato prevalentemente il settore finanziario e creditizio (+14,3%).

Nel 2018 la percentuale delle società di capitali che dichiarano un’imposta è pari al 59,7%, in crescita di oltre un punto percentuale rispetto all’anno precedente; il rimanente 40,3%[4] non ha dichiarato un’imposta o ha un credito. Le società che sono assoggettate a tassazione ordinaria dichiarano un’imposta netta pari a circa 22,1 miliardi di euro (+1,6% rispetto al 2017), mentre i gruppi societari che hanno optato per il regime fiscale del consolidato dichiarano un’imposta netta di circa 11,5 miliardi di euro (+2,3% rispetto al 2017)[5].

I contribuenti che hanno presentato il modello “Redditi ENC – Enti non commerciali” per l’anno d’imposta 2018 sono stati 149.539 (-0,88% rispetto all’anno precedente). Classificando i soggetti in base alla natura giuridica, si rileva che le “Associazioni non riconosciute e comitati” rappresentano il 64% del totale degli Enti non commerciali, seguite da “Altri enti ed Istituti” (10% del totale) e dalle “Associazioni riconosciute” (9% del totale). L’imposta netta totale dichiarata dagli Enti non commerciali risulta pari a 778 milioni di euro.

Aiuto alla Crescita Economica – ACE
Nel 2018 il rendimento figurativo[6] che da diritto alla deduzione dal reddito d’impresa del capitale proprio (cosiddetta ACE “Aiuto alla Crescita Economica”) passa dall’1,6% all’1,5%. Le società di capitali con diritto alla deduzione ACE sono oltre 312.000 (-2,7% rispetto al 2017), per un ammontare di deduzione spettante di 18,3 miliardi di euro. L’eccedenza pregressa relativa all’anno precedente, pari a 10,4 miliardi di euro (-3,3% rispetto al 2017), ha riguardato oltre 77.800 società, mentre l’ammontare di deduzione non utilizzata nell’anno e riportabile agli anni successivi è pari a 11,2 miliardi di euro (+8,3% rispetto al 2017).

La quota di ACE detenuta dai soggetti con ricavi superiori a 50 milioni di euro è pari al 46,1% dell’ammontare complessivo, mentre l’analisi per sezione di attività evidenzia che circa il 60,6% dell’ACE spettante proviene complessivamente da due settori: “attività finanziarie ed assicurative” (38,6%, pari a 7,1 miliardi di euro) e “attività manifatturiere” (22,0%, pari a 4 miliardi di euro).

Analisi della deducibilità degli interessi passivi
Le regole sulla deducibilità degli interessi passivi[7] influiscono sostanzialmente sulla determinazione del reddito imponibile ai fini Ires. In estrema sintesi, sono interamente deducibili gli interessi passivi fino all’ammontare corrispondente a quello degli interessi attivi, mentre gli interessi passivi che eccedono quelli attivi sono deducibili nei limiti del 30% del Reddito Operativo Lordo (ROL). Gli interessi passivi di periodo iscritti in bilancio ammontano a 30 miliardi di euro (-9,5% rispetto al 2017), mentre quelli afferenti a periodi precedenti, e riportabili in quanto non dedotti precedentemente, ammontano a 39,5 miliardi di euro (+0,2% rispetto al 2017). La quota di interessi deducibili (comprensiva di quelli dei periodi precedenti) è pari a circa 26,1 miliardi di euro (37,7% del totale). Classificando le società per classi di volume d’affari, si rileva che la percentuale degli interessi deducibili raggiunge il 53% nella classe oltre 25 milioni di euro mentre scende al 13% nella classe da 0 a 200.000 euro.

Si rammenta che una regola che lega la deducibilità degli interessi a una percentuale del ROL, sul modello di quella vigente in Italia, è stata prevista nel progetto OCSE/G20 “Base Erosion and Profit Shifting”, quale utile strumento per limitare l’evasione e l’elusione fiscale in ambito internazionale[8].

Patent Box
A partire dall’anno d’imposta 2015 è stata introdotta la possibilità di optare per un trattamento di favore dei redditi derivanti dall’utilizzo di brevetti industriali, marchi, opere di ingegno, processi e disegni industriali. Nel 2017 i marchi d’impresa sono stati esclusi dal regime patent-box; tuttavia sono state previste delle disposizioni di salvaguardia per le opzioni esercitate precedentemente, per le quali rimane aperta una finestra temporale (cd. grandfathering) per continuare a sfruttare tale agevolazione entro il 30 giugno 2021. L’opzione ha una durata di 5 esercizi ed è irrevocabile.

Dalle dichiarazioni per il 2018 risultano oltre 1.764 società che hanno utilizzato l’agevolazione per un ammontare di reddito detassato e plusvalenze esenti pari a 4,7 miliardi di euro (1,7 volte il valore del 2017). L’incremento maggiore si riscontra nei settori “manifatturiero” (1,6 volte il valore del 2017 passando da 2,1 a 3,5 miliardi di euro) e “servizi di informazione e comunicazione” (da 133 a 246 milioni di euro). Il 74,1% del totale dell’agevolazione è utilizzato nel settore manifatturiero.

Super-ammortamento
Nel 2018 continua ad applicarsi il “super-ammortamento”[9], che prevede la possibilità di dedurre una maggiore percentuale della quota di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria sugli investimenti in beni materiali strumentali nuovi. Nel 2018 tale agevolazione è stata fruita da 295.900 società di capitali, per un ammontare di 6,6 miliardi di euro[10]. Circa il 64% dei fruitori si concentra nelle classi di ricavo comprese tra 100.000 euro e 2.500.000 euro. L’ammontare dell’agevolazione è concentrato nelle seguenti regioni: Lombardia (31%), Lazio (12%) e Piemonte (11%). In termini di ammontare, la maggiore deduzione è concentrata (76%) nei seguenti quattro settori: “manifatturiero” (36%), “noleggio, agenzie viaggio e servizi di supporto alle imprese” (20,2%), “commercio all’ingrosso e al dettaglio” (10,3%) e “servizi di informazione e comunicazione” (9,3%).

Iper-ammortamento
Per quanto riguarda l’agevolazione dell’iper-ammortamento, volta a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0», nel 2018 l’incentivo è stato utilizzato da oltre 17.700 società, per un ammontare di circa 2,3 miliardi di euro. Il dato risulta 5,4 volte superiore ai valori del 2017 per diversi motivi: Nel secondo anno si cumulano le quote di ammortamento degli investimenti del 2017 e del 2018, inoltre nel primo la quota di ammortamento è dimezzata; infine le dichiarazioni del 2017 non includevano gli investimenti effettuati nel 2017 ma la cui consegna e messa in esercizio si è avuta nel corso del 2018. L’utilizzo è concentrato prevalentemente nel settore manifatturiero (83% dell’ammontare dell’agevolazione). Nell’ambito del modello “Industria 4.0” è stata prevista anche una maggiorazione del 30% (fino al 2017 era del 40%) sugli investimenti in beni strumentali immateriali che è stata utilizzata da oltre 21.900 soggetti per un ammontare di 342 milioni di euro.

Un’analisi dell’iper-ammortamento, effettuata dal Dipartimento delle Finanze insieme al Centro Studi Confindustria, è disponibile nel rapporto di previsione dell’autunno 2020 del Centro Studi Confindustria, capitolo 3. L’effetto dell’incentivo sull’occupazione è stato inoltre analizzato nel working paper Bratta, Romano, Acciari, Mazzolari (DF Working Papers, N.6, 2020).

Crediti d’imposta
Per quanto riguarda i principali crediti d’imposta usufruibili dalle società, si segnala il credito d’imposta per ricerca e sviluppo dichiarato da 29.200 soggetti per un ammontare di credito spettante nel periodo di 3,4 miliardi di euro (+19,5% rispetto al 2017). I principali settori in cui si concentra l’ammontare del credito sono: il “manifatturiero” (43,3%), i “servizi di informazione e comunicazione” (13,1%), il “commercio all’ingrosso e al dettaglio” (7,7%) e le “attività professionali, scientifiche e tecniche” (7,5%). L’analisi per dimensione d’impresa evidenzia che oltre il 57% del credito spettante proviene da piccole e medie imprese, il 12% da micro-imprese mentre soltanto il 16,8% dalle grandi imprese.

Inoltre, per quanto riguarda il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi nel Mezzogiorno[11] introdotto con la Legge di Stabilità 2016, dalle dichiarazioni per il 2018 risultano oltre 11.900 soggetti (2 volte i soggetti del 2017) per un ammontare di circa 852 milioni di euro.

IRAP
Il numero dei soggetti che hanno presentato la dichiarazione Irap[12] per l’anno d’imposta 2018 è pari a 3.710.017 (-2,9% rispetto al 2017). La contrazione ha interessato in misura prevalente le persone fisiche (-6,2% rispetto al 2017), a causa della crescente adesione al regime forfetario e le società di persone (-4,2% rispetto al 2017).

I soggetti che dichiarano un valore della produzione diverso da zero (al netto delle deduzioni del costo del lavoro) sono 3.220.726 (-2,7% rispetto all’anno precedente), per un ammontare complessivo di circa 408,9 miliardi di euro (+9,3% rispetto al 2017). L’incremento riguarda in particolare le persone fisiche (+57,4%) e le società di persone (+21,3%) per effetto delle consistenti perdite d’impresa in regime di contabilità semplificata che sono state scomputate nel 2017 a seguito della modifica del criterio di determinazione del reddito da “competenza” a “cassa”. Per le società di capitali l’incremento del valore della produzione è pari al 6,8%.

La base imponibile totale è risultata pari a circa 457,3 miliardi di euro (+4,5% rispetto al 2017); se si considera la base imponibile dell’attività istituzionale della P.A., costituita dall’ammontare delle retribuzioni corrisposte (pari a 113,5 miliardi di euro), si riscontra un incremento del 3,6%.

L’imposta dichiarata per l’anno 2018 è stata pari a 24,1 miliardi di euro (+4% rispetto al 2017), interamente di competenza di Regioni e Province autonome, con un valore medio pari a 10.830 euro.La distribuzione territoriale sulla base del luogo in cui è svolta l’attività produttiva ha evidenziato che il 52% dell’imposta è prodotta al Nord e il 16% al Sud, in linea con l’andamento dell’anno precedente.

Per quanto riguarda l’anno d’imposta 2018, le deduzioni per lavoro dipendente[13] sono pari a circa 408 miliardi di euro (+3% rispetto al 2017) e sono utilizzate per l’88% dalle società di capitali.

LE IMPRESE
Con la pubblicazione dei dati delle Società di Capitali è ora possibile consultare sul sito internet del Dipartimento delle Finanze tutte le statistiche relative all’anno d’imposta 2018 delle 3.396.677 imprese italiane: 1.510.734 ditte individuali, 656.933 Società di persone e 1.229.010 Società di capitali.

Tutti i dati statistici e le analisi sono disponibili sul sito www.finanze.gov.it seguendo il percorso “dati e statistiche fiscali / dichiarazioni / 2018”.


[1] La variazione del Pil è riferita a dati aggiornati a settembre 2020 e provenienti dal DataWarehouse delle statistiche prodotte dall’Istat e disponibili sul sito http://www.istat.it/. Il Pil in termini reali è riferito a valori concatenati con anno di riferimento 2015.
[2] Comprende l’imponibile delle società che liquidano in regime ordinario e quello dichiarato dalle società consolidanti.
[3] Il dato del 2017 è calcolato al netto dell’imponibile degli enti creditizi che optavano per il regime del consolidato fiscale e che erano comunque tenuti a compilare il quadro RN.
[4] Tale percentuale tiene conto anche delle società che partecipano al consolidato fiscale e di quelle che liquidano l’imposta in regime di trasparenza fiscale.
[5] Non considerando per il 2017 l’addizionale Ires di 3,5 punti percentuali per il settore bancario e creditizio la variazione dell’imposta netta del 2018 è del +3,4%.
[6] Precedentemente abrogata con la Legge di Bilancio 2019, l’ACE è stata reintrodotta con la Legge di Bilancio 2020 retroattivamente al 1.1.2019.
[7] Le informazioni sono estratte dal quadro RS e riguardano la normativa ex art. 96 Tuir.
[8] Per approfondimenti si veda: OECD (2015), Limiting Base Erosion Involving Interest Deductions and Other Financial Payments, Action 4 – 2015 Final Report, OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, OECD Publishing, Paris.
[9] Il Super-ammortamento e l’Iper-ammortamento sono stati successivamente trasformati in crediti d’imposta a partire dall’anno d’imposta 2020.
[10] Il valore 2018 è quantificabile in 1.4 volte il valore del 2017: un così elevato incremento è da considerarsi comunque normale, visto il carattere pluriennale dell’agevolazione.
[11] Beneficiano del credito d’imposta i soggetti che hanno presentato all’Agenzia delle Entrate apposita comunicazione ed hanno ottenuto dall’Agenzia l’autorizzazione alla fruizione.
[12] Si ricorda che dall’anno d’imposta 2008 la dichiarazione Irap viene separata da quella relativa alle imposte sui redditi e presentata, disgiuntamente dal modello Redditi, direttamente alla Regione o alla Provincia autonoma di domicilio fiscale del soggetto passivo.
[13] Sono state considerate le deduzioni riportate nel quadro IS (che non deve essere compilato dalle Amministrazioni Pubbliche) e quelle utilizzate dalla Pubblica Amministrazione.