La VII edizione de La Tarantella del Carnevale, un progetto originale del M° Ambrogio Sparagna all’Auditorium parco della Musica di Roma, è stata un viaggio carnascialesco, ed antropomorfo, tra i miti e le leggende, resilienti ed indissolubilmente legati ad un’economia che, nonostante l’inesorabile incedere del calendario, rimane caparbiamente imperniata attorno alla pastorizia. Paesi, borghi e comunità adagiate lungo il sinuoso incedere, attraverso lo stivale, dell’Appennino centro meridionale e che continuano a custodire gelosamente, rimanendone saldamente aggrappate, le loro ultra secolari, ed arcaiche, tradizioni.

Danzatori popolari che in un turbinio di movenze incedono sul palco, e si esibiscono sulle coreografie della sempre vulcanica Francesca Trenta, fanno da contro altare alle maschere provenienti da Tufara e Jelsi (CB) e da Castelnuovo Volturno (IS) che in un percorso ciclico simboleggiano una sorta di susseguirsi delle stagioni dove la rarefazione dell’inverno, che rammenta la morte, è però il doveroso preludio alla rinascita, la primavera, ed all’abbondanza dell’estate.

Le musiche dell’Orchestra Popolare, come di consuetudine accompagnata dalle voci del Coro Popolare diretto magistralmente dalla sempre precisa Anna Rita Colaianni, ci hanno aiutato ad entrare in simbiosi con le nostre più intime sensazioni, di scacciare, ed esorcizzare, i demoni che infestano i nostri sogni permettendoci, se non di vincere, quanto meno di convivere, con le nostre paure.

Eccolo allora l’”Uomo selvatico”, un simulacro realizzato con rami, foglie, corteccia ed edere, ad aprire le danze, simbolo esso stesso di quella natura che non è da temere, ma bensì da amare e rispettare affinché sia magnanima con coloro i quali se ne prendono cura.

Allo stesso modo irrompe il regno animale: il Cervo, l’Orso e la Capra fanno la loro prepotente comparsa, e si impossessano del palco; parafrasi essi stessi di quanto le tradizioni popolari, di tutte le comunità rurali del nostro territorio, siano assolutamente impermeabili nei confronti del tempo e continuino a rimanere ancorate, ed intimamente incuneate, nei sentimenti popolari a dispetto della loro origine arcaica che si perde nella notte dei tempi.

L’oscurità che getta nello sgomento, che incarna le nostre paure più recondite, fa emergere il lato più oscuro che nelle nostre insicurezze identifichiamo con il “Diavolo” da combattere, esorcizzare, reprimere e rifuggire; per poterlo fare l’organetto di Ambrogio ci offre un soccorso aiutandoci ad ingaggiare l’eterna battaglia tra il bene ed il male.

La Tarantella del Carnevale rappresenta lo spirito più intrinseco di un rituale che si ripete immutato, ed immutabile, disconoscendo confini olografici; i rituali carnascialeschi, in voga nella quattrocentesca Firenze di Lorenzo il Magnifico, al quale viene attribuita la loro paternità, altro non sono che la ricerca dell’uomo per una convivenza pacifica, e proficua, con tutti gli altri esseri viventi del creato, a prescindere che essi siano afferenti al regno vegetale oppure animale.

Sparagna, nel suo essere raffinatissimo etnomusicologo, ci ha regalato, con il suo concerto, il senso di comunità che emerge da questi rituali autenticamente popolari; quasi a suggellare il compimento del ciclico miracolo della vita, alla fine sul palco hanno fatto la loro comparsa due pupazze giganti: “Baffone” e “Zi Arcangelina”, animate, rispettivamente da Antonio Guglielmo ed Antonella Sparagna che con il loro “amore” ci hanno regalato la “primavera delle emozioni”.

Al termine del concerto vero e proprio, la festa è proseguita spostandosi prima nel “foaier” della Sala Sinopoli e successivamente all’esterno, nella generosa Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, dove sulle note sincopate della Tarantella, adulti e bambini hanno ballato, e fatto festa, in compagnia di tutte le maschere che poco prima avevano visto esibirsi sul palco.

Un progetto originale del M° Ambrogio Sparagna

per Orchestra Popolare Italiana dell’Auditorium Parco della Musica

Coro Popolare diretto da Anna Rita Colaianni

Gruppo Danzatori Popolari diretti da Francesca Trenta

e con la partecipazione delle maschere zoomorfe molisane

Una produzione originale di Fondazione Musica per Roma

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Michela Cossidente

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