La Tarantella del Carnevale, il progetto originale del M° Ambrogio Sparagna che è giunto quest’anno all’VIII Edizione, è tornata alla sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma.

Divenuta ormai una tradizione, la Tarantella del Carnevale assume i connotati di un rito di passaggio fra la cupa stagione invernale e la frizzante stagione primaverile che, come tutti i riti, anche questo avviene burlando, ma con una sorta di “moda” popolare, ed esorcizzando le nostre paure e rimanendoci, al contempo, estasiati.

Estasiato ne rimase anche Hector Berlioz quando cercando l’ispirazione per una delle sue composizioni, girovagando per le campagne dell’italico stivale, fu folgorato dalla varietà e vivacità delle tradizioni carnascialesche nostrane tanto da trasporle nella nota sinfonia “Carnevale Romano” come ha avuto modo di ricordare Sparagna nella sua introduzione al concerto.

Il folto pubblico che ha assiepato la Sala Sinopoli ha potuto assistere, all’incalzante ritmo delle Tarantelle, alle esibizioni delle maschere tradizionali di alcuni dei luoghi, e dei borghi, più suggestivi del nostro paese dove la tradizione del Carnevale continua ad essere un elemento portante dell’antropologia di quei luoghi.

L’Orchestra Popolare Italiana, che come di consuetudine è stata diretta dallo stesso Sparagna, ha accompagnato spettatori e “figuranti” per tutta la durata dello spettacolo che, per la verità, aveva il sapore di un viaggio compiuto a ritroso con una sorta di macchina del tempo antropomorfa.

Ambrogio ha iniziato questo suo viaggio dalla Grecia, dove pare si possano far risalire le origini primarie del Carnevale e da lì, con un sol balzo a scavalcare il basso Adriatico, ci ha condotto nell’antica terra dei Briganti, ad Aliano in Lucania nella provincia di Matera dove Carlo Levi oltre ad ambientare il suo romanzo “Cristo si è fermato a Eboli” (nel quale il paese è chiamato Gagliano, a imitazione della pronuncia locale), vi trascorse parte del suo periodo di confino e che in seguito vi si fece seppellire. Proprio da Aliano provengono le Maschere Cornute: maschere della tradizione popolare contadina dall’aspetto quasi sinistro proprio per le grandi corna ed il vistoso naso adunco che le caratterizza; sono sovrastate da enormi e coloratissimi cappelli a cono che ne mitigano, in qualche modo, la “demoniaca” sembianza.

Con un altro balzo Sparagna ci porta a scoprire I Pulgenelle di Castiglione Messer Marino, piccolo borgo adagiato sulle pendici dell’Appennino Centrale in provincia di Chieti. I Pulgenelle si caratterizzano per l’altissimo copricapo, anche questo a forma di cono e dall’intrinseco significato rituale al quale sono applicati, e fanno sfoggio per tutta l’estensione, intricati motivi floreali ed ornamentali che richiedono di sicuro una dose non indifferente di equilibrismo per riuscire a portali.

Scavalchiamo lo spartiacque appenninico e ci ritroviamo tra i Monti Aurunci, la zona di confine tra il basso Lazio e l’alta Campania; da questi luoghi, che sono anche un Parco Naturale tutelato, provengono i Giganti degli Aurunci che danno corpo e forma alla Canzone di “Zeza”. Va così in scena, sul palco della Sala Sinopoli, la farsa carnevalesca forse tra le più note degli Aurunci e che mette a nudo la vicenda familiare di Pulcinella, di sua moglie Lucrezia (Zeza), madre di Vincenzella, che vuole far maritare ad ogni costo la figlia con il Notaio, Don Nicola, suscitando le ire di Pulcinella. Ricca di espressioni satiriche, di allusioni e di divertenti doppi sensi, La Canzone di “Zeza” è una commedia teatrale di strada, popolare e coinvolgente che offronta in chiave popolar-stavagante la tematica del conflitto generazionale.

Non meno spettacolari le coreografie ideate dalla sempre vulcanica Francesca Tenta per il Gruppo di Danzatori Popolari che hanno sapientemente, e spettacolarmente, dato forma e corpo ad alcune fra le rappresentazioni carnascialesche che riprendono, nella tradizione popolare, scene che coinvolgono maschere animali e vegetali contemplando l’uccisione simbolica di queste ultime seguita dalla loro rinascita, rappresentand così il ristabilito ‘patto’ con il mondo naturale ed il ciclico rinnovarsi dell’anno e della vita.

A fare da contraltare, come sempre, il numerosissimo Coro Popolare, diretto dall’impeccabile Anna Rita Colaianni che, ancora una volta, ha dato prova, qualora ve ne fosse bisogno, sia di maturità musicale che di grande duttilità linguistica interpretando, fra gli altri, un brano, “Aran Buten”, in uno dei dialetti più ostici ed ancora oggi diffusissimo fra le Valli di Comacchio nel ferrarese.

Insomma, una grande festa originale, ipnotica, travolgente e autenticamente popolare che ci ha portato alla riscoperta di antichi rituali agricoli che evidenziavano il passaggio dall’Inverno alla Primavera, tempo di risveglio e di fioritura, auspicio e speranza per un raccolto abbondante.

Alla fine del concerto la festa è proseguita negli spazi all’esterno dell’Auditorium anche se, sfortunatamente a causa delle avverse condizioni meteo, si è dovuta accontentare dei sottoportici invece che dei generosi spazi della Cavea ma, a dispetto del meteo, la gioia di far festa tutti insieme non è di certo scemata.

Il prossimo appuntamento con il M° Ambrogio Sparagna all’Auditorium Parco della Musica è per il tradizionale Concerto del Primo Maggio, “Si Canta Maggio – Per Grazia Ricevutain omaggio a Nino Manfredi nel ventennale dalla sua scomparsa.

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La Tarantella del Carnevale VIII Ed.

Un progetto originale del  Ambrogio Sparagna per l’Orchestra Popolare Italiana dell’Auditorium Parco della Musica

Coro Popolare diretto da Anna Rita Colaianni

Gruppo Danzatori Popolari diretti da Francesca Trenta

Con la partecipazione dei Giganti degli Aurunci (LT), I Pulgenelle di Castiglione Messer Marino (CH) e Le Maschere Cornute di Aliano (MT).

Una produzione originale di Fondazione Musica per Roma

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Michela Cossidente

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