Un viaggio ideale attraverso diverse sonorità della musica cubana, quella che arriva al teatro, quella che nasce dal teatro, quella che diventa popolare proprio grazie al teatro. Shama Milán, figlio d’arte, polistrumentista, compositore, arrangiatore, e profondo conoscitore della cultura musicale cubana, porta in concerto i suoi arrangiamenti per far conoscere la sua isola genere per genere, immergendo l’ascoltatore in tradizioni, sinergie e contesti culturali differenziati, grazie all’apporto di una ventina di performer che spettacolarizzeranno le note in una simbiosi di storia, folklore e suoni del passato e del presente.

Giovedì 12 marzo alle ore 21:00, sul paclo del Teatro di Tor Bella Monaca di Roma, è di scena LOS SONIDOS DEL PUEBLO CUBANO, un sensazionale matrimonio tra la chitarra spagnola ed il tamburo africano, un viaggio attraverso la ‘Isla que canta’ che vedrà lo straordinario interprete accompagnarsi da un cast di ospiti d’eccezione:  Paolo Cozzolino (Contrabbasso e Voce), Maurizio Ponziani  (Pianoforte), Reynaldo Basulto Constanten (Timbal, Percussioni e Voce), Idalberto Torres Premier (Congas e Percussioni), Simone Apa (Güiro, Chitarra e Voce); insieme anche al quartetto di fiati composto da Paolo Iannarella (Sax Soprano e Flauto), Paolo Farinelli (Sax Contralto), Eduardo Piloto Barreto (Flauto, Percussioni e Voce), Torquato Sdrucia Sax Tenore; e al quartetto d’archi Sharareh composto da Marzia Ricciardi (Violino), Dahlah Lee (Violino), Roberta Pumpo (Viola) e Federica Vecchio (Violoncello). Special guest della serata sarà il pianista sudafricano Michael Rodi, oltre ai ballerini Patrizia Fabiani e Giovanni Frisari e alle architetture acustiche dell’ingegnere del suono Alessandro Aloisi.

Supportato da tali straordinari musicisti, Shama reinterpreterà le più genuine sonorità della tradizione popolare della “Isla” con grande energia e ispirazione, oltrepassando sia gli ambienti classici e conservatoristici della musica da concerto quanto l’offerta commerciale atta a soddisfare il turismo popolare di massa.

“La mia intenzione – spiega Milàn – è quella di recuperare certe sonorità per riportare proprio a Cuba il senso di uno spettacolo musicale conoscitivo in cui protagonisti di una danza musicale incrociate saranno i più importanti ritmi e stili cubani, come el nengon, el changui, la vieja trova santiaguera, el charanga. Con le diverse compagini che mi seguiranno in scena e con tali agglomerati musicali non seguiremo proprio un itinerario storico o cronologico quanto un discorso sincretico che dal 1940 al 1990 si innalzerà in voli pindarici con un continuo entusiasmante andirivieni sonoro a base di chitarra  e voce, trio de son, quinteto de son, sonora, charanga, orquesta, piano e voce con pennellate africane, percussioni e tamburi. Il tutto contaminato, con nonchalance, da un territorio ad un altro”.

Un progetto ambizioso, dunque,  che vuole rinchiudere in uno spettacolo di circa due ore il meglio delle sonorità cubane, interpretate fantasiosamente e rispettosamente con lo stile tipico, multistrumentale e decisamente unico di Shama Milán.

Shama Milán

Nato nel 1971 a Granma e cresciuto alla Habana nel quartiere di Santa Amalia del municipio di Arroyo Naranjo, il quartiere dove viveva la famiglia materna di Chucho Valdes, che frequentava spesso, Shama Milán proviene da una famiglia di musicisti, sia per parte di padre che di madre ed ha fatto della musica e della sua curiosità per la musica e i suoi contesti sonori la ragione della sua vita.

Faccia tosta e carattere sfrontato fin da piccolo, quando frequenta il teatro per pura passione, all’età di 11 anni inizia lo studio della musica, coltivato e stimolato da una serie di significative figure di cui solo dopo molti anni Shama scopre l’importanza: tra queste Vicente González Rubiera “Guyun”, Niño Rivera e José “Pepe” Herrerada cui carpisce i segreti e l’esperienza sonora della musica d’insieme. Contemporaneamente Shama, appassionato anche di arti marziali, condivide la passione musicale con gli spettacoli teatrali e, per tutta la sua adolescenza, frequenta assiduamente la Casa de la Cultura del suo municipio, un’istituzione messa a disposizione del popolo, esibendosi spavaldamente e all’improvviso davanti a interpreti di grandi orchestre nazionali chiamate a suonare per il Paese.

Da 12 a 17 anni, letteralmente malato di palco, partecipa infatti ogni weekend a matinée e concerti infilandosi nei concerti di varie formazioni, tra una pausa e l’altra, per farsi ascoltare e intrattenere. A percepire il suo talento (e ricordarsi anni dopo di lui) echeggiano nomi come Chucho Valdes, Guillermo Rubalcaba padre di Gonzalo, Arturo Sandoval che non possono che simpatizzare per questo ragazzino motivato e determinato.

La musica di ogni tipo diviene gradualmente la sua costante compagna di vita in tutto il processo di crescita. Lontano tuttavia da ogni prototipo di formazione classica, conta sulla continua esperienza vissuta a contatto con i suoi maestri e la sua capacità di ascolto e interazione per perfezionare la sua abilità tecnica: per lui, in primis, si tratta di musica del cuore, benché si forzi successivamente allo studio accademico in vige nel sistema scolastico cubano (lontano da ogni apertura alla musica popolare), che rifugge man mano, tanto inquieto e motivato a investigare, pregno di una curiosità innata che gli fa manipolare quotidianamente i libri per agire sulla memoria.

All’età di 17 anni entra eccezionalmente nel Septeto Nacional Ignacio Piñeiro, per decisione di Carlos Embale, ed è il più giovane direttore artistico nella storia della longeva formazione. Qui, oltre a dirigere, suona mirabilmente il Tres, anche se il suo strumento primario è il contrabbasso. Il repertorio che maggiormente lo attrae in questo periodo, è il son cubano degli anni Venti nonché i compositori cubani dell’Ottocento che diventano man mano  una vera e propria guida nel suo percorso autodidattico musicale. La sua libertà espressiva non si sposa con la recinzione restrittiva della Escuela Nacional de Arte ma neanche con le regole del Septeto, per cui nel 1991 inizia un suo viaggio esplorativo autonomo all’interno di atmosfere jazz, continuando comunque a comporre musica classica e a dirigere qualsiasi tipo di formazione in vari generi musicali.

Il suo obiettivo, tuttora in corso, è aprire e lanciare la prima accademia della musica cubana, autentico sprono ai giovani diplomati delle scuole di musica dell’isola e forzatamente ancorati al classicismo, per stimolarli ad apprendere e far conoscere le svariate sfaccettature dei suoni cubani.

Tra i suoi trainer di questa poliformazione ed apertura mentale sonora non dimentica mai i suoi mentori: Ricardo Hughes (per basso e contrabbasso) Pepe Herrera (introduzione al mondo del jazz) Guyun (universo delle armonie), Niño Rivera (orchestrazione), Josefina Barreto (insegnante di pianoforte), Marta Perez Soto (la prima persona che gli ha fatto ascoltare e comprendere la complessità e preparazione del Trio Matamoros) e Rafael Ortiz e Lazaro Herrera, rispettivamente fondatore e membro del Septeto Nacional. Infine il nonno materno, Filiberto Jardín la cui educazione musicale lo induce già a 14 anni a preparare arrangiamenti per orchestre professioniste.

Mozart, Beethoven e Brahms sono per Shama compositori da masticare e comprendere ma i suoi interessi sono rivolti ad una musica maggiormente libera e improvvisativa, e non sicuramente a livello delle performance condivise con artisti del calibro di Omara Portuondo, Compay Segundo, “El Guayabero” Faustino Oramas, Los compares, veri e propri dinosauri della musica cubana, e alle proficue tournée all’estero in cui respira altri generi e conosce personaggi con l’eredità intrinseca dei principali musicisti che lo hanno segnato fin da piccolo.

Outsider capace di inserirsi con nonchalance nel Septet come nel quartetto jazz Fusion IV, conquistando sempre rilevati riconoscimenti, non è da sottovalutare il viaggio personale che, appena ventenne, lo porta ad abbandonare per un anno la musica per viaggiare in tutta Cuba, da Guantanamo alla Isla de la Juventud, con lo scopo di conoscere da vicino ogni tradizione musicale autoctona – Changüí, Kiriba, Nengón, Sucu Sucu ed altri – per passione e necessità personale, assimiliando anche ritmi e tecniche tribali africane per un’esperienza a 360 gradi che, di lì a poco,  gli permette di integrarsi facilmente nella Compañia de Espectáculo de Turarte “JJ” diretta da Joannes Garcia, ex primo ballerino del Conjunto Folclorico Nacional de Cuba, con il quale lavora dal 1994 come pianista e arrangiatore e direttore musicale per due anni.

Contemporaneamente continua ad insegnare in scuole di musica e a dirigere il coro municipale, arrangiatore a tempo pieno per qualche anno di composizioni differenziate, fino a quando, con la crisi economica derivata dalla carestia e mancanza di petrolio in conseguenza del crollo del muro di Berlino, è costretto – vista la chiusura di molti teatri, sale-concerto e luoghi di divertimento – a reinventarsi, suonando nella zona turistica ubicata nei dintorni de La Catédral de La Havana antica,  con grande fortuna economica.

Nel 1998 il direttore dell’Istituto nazionale de la musica di Cuba licenzia la tournée di Shama in Italia per andare a suonare con Armandìto Martinez al festival di musica latino-americana Fiesta, invitato da Mansur Naziri. I due mesi di permanenza diventano undici e da allora fa avanti e indietro tra Cuba e Italia, suonando nella Capitale con numerose formazioni di gruppi salsa e con Guido Lembo all’Anima e Core di Capri, infarinandosi pertanto anche di musica napoletana, e inserendosi nella formazione musicale del programma televisivo RAI “Alle falde del Kilimangiaro”.

Dopo l’esperienza musicale alle Canarie e in Svizzera, dove per qualche anno, fino al 2014, dirige a Ginevra l’Orchestra del Music Club dell’ONU, ed è ingaggiato come direttore di una Big Band, rientra alla fine del 2017 in Italia per motivi familiari. Proprio dal nostro Paese vuole ripartire per far conoscere non tanto la sua ricchissima e movimentata carriera quanto la sua eccezionale espressività musicale, alternando sui palchi romani esibizioni di musica popolare a performance di armonie veritiere cubane, già anticipate un decennio fa dal celeberrimo gruppo dei Buena Vista Social Club.