Il M° Ambrogio Sparagna con il suo ultimo concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma dal titolo quanto mai evocativo “Taranta Gitana”, ha decisamente innalzato l’asticella della qualità per quanto riguarda il coinvolgimento del pubblico. La Cavea dell’Auditorium si è trasformata in un immenso palcoscenico popolato sia dai componenti dell’Orchestra Popolare Italiana, diretta dallo stesso Sparagna, dai vocalist dal Coro Popolare, diretto come di consuetudine dall’impeccabile Anna Rita Colaianni, dai danzatori Popolari che hanno invaso, oltre che il palcoscenico in senso stretto, anche il parterre entusiasmando i presenti e, ma non per ultimo, dai Gipsy Gold (ex Gipsy King). Sparagna è riuscito nell’impresa di trovare la giusta amalgama, di inventare un’alchimia con la quale ha sapientemente fuso le sonorità tipiche della Musica Popolare nostrana, con quella dal sapore più esotico dei Gipsy Gold. Il caleidoscopio musicale che ne è risultato ha proiettato il pubblico in una sorta di arcobaleno sonoro dove non si riusciva a distinguere con precisione dove finisse un genere e dove iniziava l’altro; un altalenarsi di emozioni musicali che si sono fuse, rincorse ed incrociate, che raccontano storie le cui radici, pur essendo attecchite in terreni culturali diversi, sono molto più simili di quanto non possa sembrare a prima vista. La musica, per usare le parole di Ambrogio, è un collante, il collante per definizione, con il quale unire culture e sensibilità diverse; la musica come mezzo di comunicazione di massa che abbatte i muri, le barriere, che supera i confini, sia naturali che artificiali, per creare una sorta di super-strada che unisce i Popoli. Il concerto si è dipanato partendo da un brano cantato da Ambrogio, una sorta di abbraccio musicale di benvenuto; è proseguito sulle ali della voce possente di Raffaello Simeoni che, con il suo stile particolare, ha inferto una sferzata di energia all’intera arena. In un crescendo di emozioni è apparsa la voce, quasi da contralto, di Anna Rita Colaianni con la quale è riuscita a lenire gli spigoli, che ognuno di noi si porta dentro, levigandoli sino a permettere che rotolassimo, quasi senza attrito volvente, sino a raggiungere terre ancora più lontane. Tutto questo non avrebbe potuto compiersi senza l’essenziale ed elegante contributo delle voci degli oltre cento elementi del Coro Popolare, in evidente stato di grazia. Le terre che citavo poc’anzi, sono terre gitane di cui sono testimoni, ed interpreti di assoluta eccellenza, proprio i Gipsi Gold. Chitarre usate con forza, quasi con violenza, tanta e tale è l’energia con la quale vengono suonate e poi la sezione ritmica che sottolinea la cromatografia acustica creata dalla sommatoria delle voci e delle corde. Brani, quelli eseguiti dai Gipsy Gold, che hanno fatto parte della giovinezza di moltissimi di noi, cavalli di battaglia vecchi e nuovi che, nonostante il passare degli anni, mantengono assolutamente inalterato sia lo stile quanto la logica musicale. La vera magia, creata da Ambrogio, con questo concerto è stata, senza tema di smentita, riuscire a creare una continuità musicale fra quanto propone musicalmente lo stesso Ambrogio e quanto propongono i Gipsy Gold; la parte conclusiva del concerto lo ha provato al di là di ogni ragionevole dubbio: il palcoscenico letteralmente invaso da tutti i protagonisti ne è stato il banco di prova più convincente. Il corpo di ballo, coordinato dalla vulcanica Francesca Trenta, ha amplificato con le sue coreografie originali, il senso stesso del concerto: le movenze sincopate, sinuose, a volte quasi psicotiche tipiche della taranta, si sono fatte assorbire, ed ammagliare, dalle sonorità gitane; la geometria risultante ha coinvolto, senza alcuna distinzione di sorta, assolutamente tutti gli spettatori che si sono lasciati trasportare, senza opporre alcuna resistenza, in un turbinio, pressoché costante, di emozioni e sensazioni sottolineato dallo scrosciare continuo di applausi a scena aperta. Una standing ovation, convinta e prolungata, tributata a tutti gli artisti, in primis ad Ambrogio Sparagna, ha sottolineato come il lavoro di ricerca del Maestro sia assolutamente apprezzato dal pubblico. In conclusione, con questo concerto Ambrogio è riuscito a scrivere una nuova pagina nel panorama musicale, in un certo qual modo, Sparagna, è come se avesse aggiunto, creandolo dal nulla, di sana pianta, un rigo supplementare ad un consunto pentagramma, conferendogli, così, un’iniezione di vitalità, un pizzico di gioia, uno spruzzo di allegria, uno spicchio di freschezza riuscendo nell’intento di vivacizzarne al contempo, rinvigorendolo, l’intero impianto sonoro della Musica Popolare.

Michela Cossidente

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