Si chiama Walter Lazzarin, padovano di nascita, ma cresciuto a Rovigo, 41 anni, una laurea in economia e una in filosofia. Scrittore ironico e assolutamente geniale, autore di una decina di pubblicazioni, tra cui “Il drago non si droga”, tuttofare in una casa editrice romana, creatore di divertentissime storielline che regala ai passanti e di due libri interamente costituiti da tautogrammi (uno per bambini, “Animali all’avventura” e l’altro, “Ventuno vicende vagamente vergognose” di narrativa) e autore di libri senza tautogrammi che, più che leggerli, si…bevono in un lungo, divertente, frizzante sorso.

Ma cos’è un tautogramma? si chiederanno i più ed è la domanda che gli rivolgono i passanti.

Lui, allora, risponde così: “Composizione costruita con componenti che cominciano, categoricamente, con caratteri coincidenti”. E se ancora il passante non capisce, lui gli domanda cosa nota in questa frase, finché finalmente il passante divertito e ormai catturato si rende conto che tutte le parole hanno la stessa lettera iniziale.

Walter Lazzarin, che con le parole ci gioca come un prestigiatore, affabulatore seriale che, con la sua erre alla francese conquista chiunque ci scambi anche solo due parole, ha esordito nel 2011 con il suo primo libro, “A volte un bacio”. Ormai fuori catalogo, ma ancora acquistabile direttamente dall’autore se venite a Roma e avrete la fortuna di pizzicarlo in qualche piazza, sempre se i vigili non lo cacciano via scambiandolo per un vù cumprà, il libro narra la divertentissima storia d’amore demenziale e, al contempo, molto profonda e densa di metafore, nata sotto le ali di un pipistrello, tra Giulia 1 e un ragazzo di cui non diremo il nome, divisi dal mare. Aggiungiamo che la storia si svolge tra un’isola chiamata Guado, dove gli anziani vengono confinati in un ghetto e gli obesi rapiscono i magri, e il Continente. Quando poi lui incontra Giulia 2 e altre Giulie beh…la storia si complica ulteriormente.

Quando gli chiediamo qual è il suo libro preferito di sempre, Walter Lazzarin risponde che… deve ancora scriverlo.

Verrebbe da chiedersi, e infatti lo facciamo, se questo romantico folletto della scrittura, che da sette anni ha scelto di scrivere per la strada, un lavoro “vero”, di quelli con busta paga e cartellino l’ha mai fatto.

“Certamente! Ne ho fatti diversi, e ora sono il tuttofare di una casa editrice, faccio fotocopie, editing, correzione di bozze, magazziniere, accolgo i nuovi autori e talvolta faccio il caffè. La cosa interessante è che mi pagano!”

E allora Walter, perché un professionista come te deve sopportare la fatica di stare ore a gambe incrociate nella posizione yogica del loto in mezzo alle non propriamente linde strade e piazze del centro della capitale, a battere su una vecchia Olivetti con il tasto della T rotto, per promuovere i suoi libri?

“Perché mi piace il contatto diretto con la gente, perché mi diverto come un matto, perché mi piacciono i miei colleghi artisti di strada (madonnari, musicisti, trampolieri, giocolieri, uomini-statue, n.d.r.), perché è una sfida portare la cultura nelle strade, perché mi piace viaggiare e, anche se ora sono di stanza a Roma, ho fatto lo scrittore per strada in tutte le regioni italiane e prima ancora ho viaggiato in buona parte di mondo. L’idea non è solo di farmi conoscere come autore, ma vorrei riavvicinare le persone alla narrativa. In poco più di sette anni, ossia da quando ho deciso di iniziare questo viaggio per l’Italia, ho utilizzato cinque modelli di macchine da scrivere, toccando tutte le regioni italiane, più di 150 paesi e distribuito diverse migliaia tra libri e racconti.”

Ti risultano altri tuoi colleghi scrittori per strada?

“Gli unici che ho incontrato sono un ragazzo negli Stati Uniti, che scriveva racconti su misura per i passanti e un anziano signore che scrive poesie a Ferrara.”

Walter Lazzarin è stato anche professore precario di lettere e filosofia in diversi licei (beati quegli studenti!), ha vinto un numero imprecisato di concorsi letterari, ha una mamma giornalista e blogger e da settembre 2016 a maggio 2017, ha introdotto uno dei temi della prima trasmissione Dribbling della stagione con un tautogramma relativo al calcio cinese:

“Cari connazionali,

conviene che comprendiate cosa comporta civettare coi capitali cinesi.

Ci corteggiano, ci confondono, con cifre che causano completa cecità ci comprano crediti, club, centravanti coi capelli chic.

Ci conquisteranno?

Chissà. Convincono chiunque.

Consultate Cannavaro: chiedetegli che contratto custodisce con cura, chiedetegli che clausole contiene.

Confrontatevi col Chelsea, col Corinthians: centrocampisti ceduti così, come coriandoli.

Ci credete?

Certi consiglieri comunisti collezionano cimeli come: casacche, calzature, calzettoni; creano collegi calcistici calcolando che, cresciuti culturalmente, capiranno come congegnare campionati che coinvolgano cinque continenti.

Cari cinesi, cercate campioni?

Chiamatemi.”

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Manuela Minelli

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